lunedì 28 aprile 2008

È estate, Mapang! (10)

«Minchia!» gridò Mapang. «Pensavo che fosse ridotta un rottame e che m’avrebbe lasciato a terra, prima o poi».
Stava aggiungendo «anzi, credevo mi potesse lasciare a mezz’aria» quando con un CLANG! il cofano vomitò un geiser di fumo nero. Il motore mandò il bramito del moribondo. Nell’istante in cui l’autofly precipitava a sasso, due razzi la sorvolarono mancandola d’un soffio e si andarono a infilare nella cupola della Romeo-Network, che sublimò in cristalli liquidi come fuoco d’artificio.
«Reggetevi!». Paolino, aggrappato al volante, smanettava con la cloche cercando di tenere la Panda in asse.
«Guarda dove vai, bestia!» gridò Zivelianna spostando per lui il volante un attimo prima che si schiantassero sul palazzo fumante della tv veronese.
«Dovrebbe aprire gli occhi, per vederci» riuscì a dire Mapang: con un improvvisa impennata, l’autofly mancò l’impatto col selciato e, dopo aver falciato le chiome di venti platani, rimbalzò sull’acqua del Piave fino al Ponte di Mezzo, dove si fermò, cominciando a inabissarsi lentamente in un preoccupante gorgogliare.
Annasparono fino a riva, aiutati da un ramo frondoso di platano che era rimasto in bilico sul cofano. Dall’argine, alcuni giovani Esterni li guardavano con facce feroci.
Arrivata per prima alla massicciata, insultando Mapang e Paolino e tutti gli uomini del mondo, Zivelianna si accorse di loro ma prima di riuscire a tornare in acqua quelli la trascinarono all’asciutto, evitando a fatica calci e morsi.
«Ahia! Verma!» ruggì quello che l’aveva afferrata per le braccia, un tipo scheletrico e di un nero tendente al viola.
«Verme sarai tu, brutto negraccio!».
«No, no: verma, vermati, noi gameradi!».
«Ferma, Zive! Sembrano amici».
«Sì, sì! Amici, camerati!» disse un altro, con un sorriso a sessanta denti.
«Ma dimme te… Qualcuno mi spieghi che succede. Io rinuncio a capirci qualcosa» ansimò Mapang sdraiandosi sull’argine per riprendere fiato.
Tutto contento, il secondo Esterno, quello che parlava meglio, gli si sedette vicino: «Noi Concarta abbiamo fatto alleanza coi i Ti-Con-Nu».
«Sì, sì!» disse il primo. «Senzagarta dolgono lavoro! Dolgono gase!».
«È vero» confermò il primo (che, spiegò, quando aveva ottenuto la cittadinanza aveva cambiato il proprio nome in Giulio Lembo), «non c’è posto per clandestini, qui: i Senzacarta arrivano e pretendono tutto e subito… sono un pericolo per l’Italia onesta».
Mapang si tirò su: «Allora erano amici vostri quelli che hanno assalito gli Esterni al parcheggio».
«Non lo so».
«Gridavano "Visnu!"».
Giulio Lembo sorrise felice: «Sì, sì! È la mannerbund dei calcuttiani: camerati anche loro, adesso».
«Dio ci aiuti» sospirò Zivelianna, «sono più matti di un padovano».
«Già, e Paolino dov’è?» esclamò Mapang guardando il fiume.
Trascinato dalla corrente, Paolino il Matto, ancora aggrappato al ramo di platano, si allontanava piano verso il mare.
(fine della decima puntata)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

carissimi Marconi, Roberto Alfatti Appetiti mi ha invito il link del suo Blog. lo metterò subito tra i preferiti e spero di rileggerLa presto.
un saluto,

Giambattista Salis
http://lostonato.ilcannocchiale.it

Gabriele Marconi ha detto...

merci bien! a presto allora