sabato 11 luglio 2009

PRESENTAZIONI

Il tour stellare continua:
- 12 settembre di nuovo a Roma: Atreju (Parco del Celio), alle ore 15.

- 18 settembre: Padova: Destrainfesta

- 19 settembre: Trieste

- 25 settembre: Gela

lunedì 20 aprile 2009

24 aprile: LE STELLE DANZANTI A PISA

Riporto il comunicato:
"Il prossimo 24 aprile il giornalista, sarà a Pisa lo scrittore e cantautore Gabriele Marconi. Arriverà alle 18 presso la sede di Laboratorio '99 in via Mario Lalli per la presentazione del suo nuovo romanzo sull'impresa fiumana, "Le stelle danzanti".
Ad arricchire la presentazione, ci sarà l'attore e autore teatrale Paolo Bussagli che leggerà alcuni brani di D'Annunzio.
Alle ore 20:00 cena. Dopo cena, Marconi ci allietarà con la sua chitarra e alcune belle canzoni".

venerdì 3 aprile 2009

LE STELLE DANZANTI A TORINO




Giovedì 9 aprile, alle ore 20,45, a Torino, presso la sala convegni dell'Hotel Holiday Inn (p.zza Massaua 21) si svolgerà il secondo incontro della rassegna "Editoria non conforme": presentazione del volume "LE STELLE DANZANTI. Il romanzo dell'Impresa fiumana" (ed. Vallecchi).

Incontro con l'autore Gabriele Marconi.
Interviene Nello Gatta, scrittore e musicista.

giovedì 19 febbraio 2009

"LE STELLE DANZANTI" DALL'8 APRILE IN LIBRERIA!

L’Impresa fiumana fu un sogno condiviso e realizzato. Uno slancio d’amore che non ha eguali nella storia. D'annunzio, sì, fu l’interprete ispirato di quello slancio, il Comandante, il Vate che guidò quella straordinaria avventura, ma protagonisti assoluti furono i tantissimi giovani che, disertando o scappando da casa, si riversarono nella città irredenta e là rimasero per oltre un anno. L’età media dei soldati che, da soli o a battaglioni interi, parteciparono all’Impresa fu di ventitré anni. Il simbolo di quell’esperienza straordinaria furono le stelle dell’Orsa Maggiore, che nel nostro cielo indicano la Stella Polare.





Gabriele Marconi
LE STELLE DANZANTI
Il romanzo dell'Impresa fiumana


Giulio Jentile (di Roma) e Marco Paganoni (di Bergamo) sono due giovani Arditi che hanno stretto una salda amicizia al fronte.
La storia vera e propria parte il 5 novembre 1918, a Trieste, dopo la Vittoria, quando Giulio e Marco vanno a trovare Daria, una crocerossina della quale sono entrambi infatuati, ferita durante una battaglia e ricoverata in ospedale a Trieste.
Dopo pochi giorni ognuno torna a casa propria, ma il disagio sociale e lavorativo vissuto dai reduci si trasforma presto in un’inquietudine che impedisce loro di tornare alla vita “normale”.
Marco litiga con il padre (il conte Paganoni) quindi lascia la villa e se ne va.
Giulio, che invece abita nel quartiere popolare di San Lorenzo, a Roma, decide di emigrare in Argentina, ma quando sta per imbarcarsi a Napoli ha una disavventura; la risolve insieme ad un ufficiale di Marina suo coetaneo e insieme partono per Fiume.
A Fiume, dopo un po’, ritrova Marco e Daria (siamo a febbraio 1920) che hanno fatto la sua stessa scelta.

(Fiume, rivendicata dagli italiani alla fine della guerra e negata dal Trattato di pace, è stata occupata da duemila volontari al comando di d’Annunzio, definiti “legionari fiumani”: sono granatieri, arditi e vari altri militari dell’esercito italiano, uniti a circa duecento uomini del Battaglione volontari fiumani, organizzato a Fiume dal capitano Nino Host-Venturi. Il capo del governo Nitti cerca di convincerli o costringerli a lasciare Fiume agli “osservatori internazionali”. Costringerà d’Annunzio alla resa, con le cattive, nel Natale del 1920).

Fiume è un calderone in ebollizione: patrioti, artisti, rivoluzionari e avventurieri d’ogni parte d’Europa affollano la città, chi in buona fede e chi per rimestare nel torbido. Il clima è rivoluzionario-libertino.
Dopo una prima avventura, Giulio si unisce agli uscocchi per allontanarsi da Fiume (ragioni d’amore): gli uscocchi sono i “filibustieri di d’Annunzio, ovvero legionari con il compito di rimediare nei modi più “creativi” i beni di prima necessità per la città; le azioni più remunerative le attuano piratando navi nel Mediterraneo.
A questo punto le strade dei due amici si dividono per un po’: Marco resta nell’entourage di d’Annunzio. Altri personaggi si aggiungono ai due: alla fine formeranno un gruppo affiatato.
Altre avventure, altre storie d’amore e di morte, nel clima ribollente di Fiume. Giulio tornerà e, aiutato dagli amici, salverà Marco da un grosso impiccio.
La situazione fiumana, intanto, precipita: ci avviciniamo al Natale di sangue, che segnerà la conclusione della storia.

sabato 14 febbraio 2009

E De Andrè mi studiò le stelle

di Enrico Ruggeri
Doveva essere un pomeriggio del 1988. Con un amico comune, stavo riaccompagnando a casa, a Milano, Dori Ghezzi. Ci invitò a entrare e dentro c’era lui, Fabrizio De Andrè.Non l’avevo mai incontrato prima. Uno sguardo intenso, qualche parola e mi chiese la mia data di nascita, anche l’ora. Ci rivedemmo, come d’accordo, la sera per cena. Lo ritrovai seduto alla sua scrivania, circondato da libri ed effemeridi: mi aveva calcolato il quadro astrale. Non ricordo nemmeno quale sia il mio ascendente, ché non ci credo all’astrologia, ma ancora oggi mi provoca un piacere vivo pensare che Fabrizio De André abbia passato un pomeriggio della sua vita a studiare le mie stelle.Poi ci siamo rivisti ancora. Mi stupì, una sera, a un mio concerto. Suonavo a Milano, al Teatro Nuovo. Salii sul palco, si aprì il sipario e lo vidi lì, davanti a me, seduto in quarta fila vicino a Dori Ghezzi. Non ci potevo credere, non erano nella lista degli accreditati che leggiamo sempre prima dell’esibizione: Fabrizio De André aveva comprato il biglietto per il mio spettacolo e chissà, forse era stato anche in fila.Era simpatico, un grande conversatore, estremamente acuto. Osservava tanto, tutto. «Io lavoro anche quando guardo fuori dalla finestra», diceva Ennio Flaiano, e questo è anche il lavoro del cantautore: ognuno di noi ha la sua storia, ma alla base ci deve essere l’interesse per l’uomo. De André ce l’aveva. Con quel suo sguardo affilato spogliava le persone, le cose, i luoghi fino all’essenza e poi, nude, le sapeva raccontare. Era molto cinico, come deve esserlo necessariamente l’artista per raccontare la vita senza schermi. Nei suoi ritratti crudi condensava la poesia della realtà, prestando ai reietti quella voce che ancora incanta: è il ragazzo malato di cuore che beve la vita «a piccoli sorsi interrotti», è Bocca di Rosa che «mette l’amore sopra ogni cosa», è il Bombarolo «disperato se non del tutto giusto quasi niente sbagliato», è la graziosa di via del Campo «dagli occhi grandi color di foglia», è le «labbra smorte» di chi «all’odio e all’ignoranza preferì la morte», è il matto «che ha un mondo nel cuore e non riesce a esprimerlo con le parole», è i Khorakhanè che leggono «il libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura», è il secondino che «sta a Poggio Reale dal ’53». Anticonformista e minuzioso, raccontava il mondo da ogni prospettiva, senza perdere nessun dettaglio, come a filmare la scena da ogni inquadratura possibile, anche la più intima e nascosta. Per primo in Italia, De André, con la sua lingua alta e carnale, cantò i vinti: malati, prostitute, dinamitardi, suicidi, matti, zingari, e in questo sta la sua grandezza senza tempo, che continua a far vibrare le corde del cuore, perché parla dell’uomo all’uomo, senza bisogno di contestualizzazioni di tempo o spazio. Non giudicava le sue figurine che si facevano di carne e di ossa, le narrava, come deve fare l’artista. Ma quello stesso De André, che ha perdonato chi l’ha rapito nella sua Sardegna, che pregava il Signore degli sbandati, che stava dalla parte di ogni minoranza, era persino violento negli strali contro il potere arrogante, il bigottismo grottesco, l’ipocrisia benpensante. Niente pietà per la vecchia contessa che brama impaziente i numeri al lotto del moribondo, niente comprensione per il livoroso giudice beffato dalla natura che l’ha fatto nano, nessuna attenuante per le comari invidiose che danno buoni consigli perché ormai impossibilitate a dare il cattivo esempio.«L’artista non deve integrarsi. È un anticorpo che la società ha contro il potere» diceva De André che cantava in Cristo il più grande rivoluzionario di tutti i tempi. E lui non volle integrarsi mai, perennemente bastian contrario, sempre impermeabile alle certezze. Forse oggi è più faticoso e magari non è sbagliato provare a cambiarla da dentro, la società. Chissà cosa farebbe di questi giorni lui, “il cantatore di canzoni” che legava le parole in giochi di raffinatezza estrema, riscopriva nei dialetti le radici più profonde della ricchezza linguistica, sperimentava le assonanze letterarie, ma non trascurava mai la musica, sempre curioso e attento ai suoni. Da vero artista, assorbiva le suggestioni dei grandi che sono venuti prima e le faceva sue, come solo chi ha un talento innato può fare. Perché la musica non la si insegna, né la si può imparare. La musica la si può solo ascoltare e per farla, bisogna averla dentro. Però quella vera rimane per sempre, sospesa oltre il tempo e la scena del mondo. È questa la sfida di ogni musicista.Fabrizio De André l’ha vinta.
(Testo raccolto da Cecilia Moretti per FareFuturo webmagazine www.ffwebmagazine.it)

martedì 20 gennaio 2009

INDOVINELLO N. 7 PER L'OCA DELLA FIERA

Dal mio naso soffio forte
sulle chiome lunghe e corte,
se mi tocchi sul bagnato
ti assicuro, sei spacciato!

lunedì 19 gennaio 2009

INDOVINELLO N. 6 PER L'OCA DELLA FIERA

Spesso ho forma di una palla,
anche in ferro resto a galla,
non posseggo alcun gioiello
ma assai ambito è il mio anello.

mercoledì 14 gennaio 2009

INDOVINELLO N. 5 PER L'OCA DELLA FIERA

Fa una fossa quando passa,
porta appresso una gran massa,
di memoria è lungo assai,
se lo stuzzichi son guai.

domenica 11 gennaio 2009

INDOVINELLO N. 4 PER L'OCA DELLA FIERA

Quando Iddio creommi, modellando le mie forme,
fu ispirato da Dioniso come sogno di chi dorme,
perché seppe circondare il più infimo degli usi
con geometrica bellezza, suscitando brame e abusi…

INDOVINELLO N. 3 PER L'OCA DELLA FIERA

Sotto terra filo dritto
E il terreno lascio scritto,
se mi tagli, cosa fo?
Me ne vado eppure sto.

giovedì 8 gennaio 2009

INDOVINELLO N. 2 PER L'OCA DELLA FIERA

Hanno due finestre su
e una porta invece giù,
possono esser corti o lunghi,
crescon fitti come i funghi.

martedì 6 gennaio 2009

INDOVINELLO per l'oca della fiera

In una caserma, venti soldati
Restano fermi, stretti e ammassati
Ad aspettare la libera uscita
Che manderà in fumo l’effimera vita.