giovedì 24 aprile 2008

È estate, Mapang! (9)

«Zive non fiatare! Se ci vedono…».
Tri-tri-triii!
«Tu pensa a zittire quel coso, piuttosto!».
Tri-tri-triii!
«Cazzo, ci hanno visto!».
Nell’attimo di silenzio seguente alla sparatoria, il trillo del microcell aveva fatto girare i due poliziotti più vicini, che ovviamente si erano accorti che c’era qualcuno in mezzo al campo. E adesso stavano correndo verso di loro.
«È il numero del Matto: io rispondo. Tanto ormai siamo fritti… Paolino, dove sei?».
«Ciao, Mapang! Guarda su, che arriva Babbo Natale!».
L’istante dopo, una Panda Millennium picchiò strombazzando sopra di loro e atterrò sopra il materassone del salto in alto. Dal finestrino sbucò la faccia attonita di Paolino il Matto: «Se avete un attimo di pazienza la metto meglio».
«Felmi o spalo!».
Senza aspettare oltre, Mapang e Zivelianna saltarono dentro l’autofly: «Via subito! Parti!».
Paolino, con le pallottole che fischiavano tutto intorno, guardò il materassone sotto l’autofly: «Ma così rischio di rovinarlo…».
«Parti, bestia, parti!».
«Felmi, detto io, felmi o spalo!» gridava il poliziotto cinese, che intanto continuava a sparare.
E finalmente l’autofly prese il volo, incendiando il materassone del salto in alto in un nuvolone nero di gomma bruciata.
Guardando in basso il poliziotto che vomitava involtini primavera e pollo alle mandorle, Mapang raschiò un abbozzo di risata: «Quel cinese fa come nel film con Alberto Sordi: prima spara e poi dice chi va là».
«La Grande guerra».
«Bravo Paolino, hai studiato. Accendi la radio, va’, così sentiamo che cosa sta succedendo. E vai verso il centro» disse Mapang guardando la città sotto di loro. La radio, però, non voleva saperne di beccare il notiziario 24su24. «Prova a togliere il dolby: la mia così funziona» provò Mapang.
Infatti così funzionava. Risultò che le mannerbund degli Esterni Senzacarta avevano proposto agli sbirri della Federazione di aiutarli a sedare i tumulti, in cambio del permesso di soggiorno. Così si spiegava la presenza di poliziotti cinesi e africani allo stadio del Chievo.
«Ma non lo capiscono che così s’infilano in un vicolo cieco?» commentò Zivelianna battendo la mano sul sedile davanti.
«Lo capiranno fin troppo presto… Intanto vediamo di non finirci noi» disse Mapang. Poi lisciò la tappezzeria strappata e si rivolse di nuovo al Matto: «Allora, come l’hai rimediato sto catorcio? Sembra la Panda mia».
«Dalla mannerbund dei rumeni… Gli ho dato in pegno il mio scooter: se gliela riporto entro stasera me lo ridanno: vogliono solo cinquanta pezzi».
Zivelianna scoppiò a ridere: «Ti xe mato, Padova… Ne ritrovi due, di scooter stasera!».
Mapang, intanto continuava a guardare perplesso l’interno dell’autofly. Finché non aprì lo sportellino nel cruscotto: dentro c’erano i suoi Rayban a specchio.
«Cazzo, Paoli’! Ma questa è la Panda mia!».
«In che senso?».
«Nel senso che quei bastardi dei rumeni me l’hanno fregata e te l’hanno rivenduta!».
«Ma pensa la vita… Incredibile, no?» commentò Paolino scuotendo la testa, con un sorriso felice. «Ma tanto non devi preoccuparti, perché stasera… Ossignore…» concluse sbiancando, «ma allora ho perso il mio scooter!».
«Puoi dire giuro» disse la ragazza, guardando l’Arena, sempre più vicina, che ancora fumava.
Mapang si grattò la testa: «Non ti preoccupare, so essere riconoscente con chi mi salva la pelle, vero Zive?»
«Meglio che mi sto zitta».
«Ma dai, tutto s’aggiusta».
In quel momento l’autofly ebbe un sobbalzo improvviso e fece una cabrata vertiginosa.
«Cazzo fai, Paoli’! ’Sta macchina casca a pezzi, vai piano!».
«È che abbiamo un paio di intercettori in coda».
Due elicotteri della Federazione Veneta si stavano avvicinando a velocità pazzesca.
(fine della nona puntata)

Nessun commento: