mercoledì 21 maggio 2008

È estate, Mapang! (14)





Era andata che Mapang, definitivamente incazzato con la malasorte, aveva sbroccato ed era partito alla carica contro il blindato che aveva mandato in fumo la sua ultima speranza di salvezza. Vedendo arrivare quel pazzo, l’Esterno posizionato sulla torretta aveva pensato che dopo tutto era più semplice continuare a pascolare tra i tossici intorno alla stazione, quindi era saltato giù per sparire tra le macerie di un MacDonald’s, ancora avvolte in una nuvola di fumo nero (che, per la verità, puzzava meno dei Big Mac serviti a pranzo) e aveva lasciato il portello spalancato. A Mapang era bastato un salto per arrivare a sbirciare dentro: un secondo Esterno incitava il motore del blindato gridando come un cowboy che spinge il cavallo al galoppo.
Il pezzo di tubo Farson aveva fatto il grosso del lavoro sporco, per il resto era bastata la faccia stralunata di Mapang. Per farla breve, l’Esterno era schizzato fuori dal blindato, raggiungendo il suo compare nel fumo nero del MacD.
«Dai, Zive, salta su…».
Tenendo il motore al minimo, Mapang fiancheggiava il marciapiede del vialone, cercando di convincere Zivelianna a salire con lui sul blindato, come fosse su una decappottabile rockabilly. L’aveva riempito fino all’inverosimile con i crediti piovuti su ‘Zaerbe dagli uffici devastati dei Biancalana, ma stringendosi sul seggiolino di guida ci si poteva stare pure in due.
Una barricata fatta con cassonetti e vasi di cemento occupava metà del vialone, così Mapang dovette allontanarsi dal marciapiede per continuare ad avanzare.
Alzò di un paio di tacche il volume dell’altoparlante e ricominciò a gracchiare.
«Zive…».
«Lasciami perdere».
«Ma anche tu ridevi, prima! Eppure io non mi sono offeso!».
«È diverso».
«Perché è diverso?».
«Perché sì».
Le esplosioni, intanto, tornavano ad avvicinarsi: il fumo oleoso che saliva dai Mercati Generali faceva supporre che non ci fosse più niente da devastare, laggiù. Ma per supporre, Mapang e Zivelianna avrebbero dovuto far caso a quello che succedeva intorno, e invece stavano lì a beccarsi come se, invece che su un blindato rubato a un Esterno che l’aveva rubato agli sbirri della Federazione, stessero a discutere davanti alla decappottabile di cui si diceva, in una scena di American Graffiti.
Fu così che sbucarono nel piazzale antistante i Mercati, tra le grida di giubilo sia degli Esterni Concarta alleati dei Ti-Con-Nu che dei Senzacarta alleati dei Federati, che si fronteggiavano vicino ai cancelli: ognuno credeva che il blindato fosse arrivato in soccorso del suo gruppo.
Mapang non riusciva a distinguere chi fosse chi, visto che tutte e due le bande erano nere come la pece, così spostava la mira dall’uno all’altro gruppo, indeciso su quale fosse il bersaglio giusto da colpire. Quando pensava di aver deciso per quelli un po’ più neri degli altri, stabilizzò il lanciamissili verso di loro e si preparò a sparare.
Vedendo arrivare la fine, quelli partirono alla carica del blindato per morire da guerrieri: e fu il loro grido di battaglia a salvarli.
Sentendo l’ormai ben conosciuto "VISNUUU!", infatti, Mapang deviò all’ultimo istante il tiro, mandando il missile a polverizzare l’altro gruppo.
Ancora increduli per l’insperata soluzione, gli Esterni che stavano caricando il blindato continuarono a fare qualche passo di corsa, poi proseguirono al trotto fino a fermarsi a pochi metri dal mezzo.
Quando Mapang sbucò dalla torretta, il più alto e magro del gruppo si fece avanti, sbracciandosi per salutarlo: «Gamerada! Gamerada!». Era il Concarta della mannerbund che li aveva salvati quella mattina. «Grazie, gamerada! Nu gon dì, sai!».
«Ma che ci fai con i calcuttiani? Vabbe’ che siete alleati, ma tu non sei della mannerbund dei senegalesi?».
Il sorriso del secco svanì. «Ah, bovero me… Sembre mio guore gon loro, ma Giulio Lembo e aldri miei… duddi aldri miei… niende biù».
«Oh, mi dispiace… Sono morti in combattimento?».
«No, oh no: noi invingibili, sai! Ma bruddo dibo gon gabboddo nero… lui grande sdregone! E Giulio e aldri… sbaridi di boddo! Brobrio laggiù, diedro i mergadi!».
Zivelianna si agitò: «È quello che ti sta dietro, Mapang! È vicino: dobbiamo andarcene da qui, e alla svelta!».
Prima di darle retta, Mapang si trattenne ancora un po’ sulla torretta: «E ora dov’è?».
Il secco sgranò gli occhi e li roteò intorno: «Boh? Ghissà? Guando blindado arrivado, lui via».
«Grazie, secco» lo salutò Mapang prima di chiudere il portello, «io devo andare. Ma ricordati: anche il "grande sdregone" va giù se punti alle palle!».
Quando il blindato si lasciò alle spalle le macerie fumanti dei Mercati Generali, nel vorticare del fumo s’intravide una forma ferma, nera nel nero: più o meno all’altezza del viso, un bagliore giallo lasciava intuire un disgustoso sorriso…

(fine della quattordicesima puntata)

venerdì 16 maggio 2008

È estate, Mapang! (13)

Piegata in due e con gli occhi lacrimanti per il gran ridere, Zivelianna non si accorse subito di cosa stava succedendo. La aiutò nella comprensione il grido di guerra lanciato da qualcuno che adesso stava correndo incontro al blindato.
«VISNUUU!».
Era lo stesso grido che avevano lanciato i Concarta vicino allo stadio del Chievo. Attraverso il velo di lacrime, però, il tizio che correva con un pezzo di tubo Farson in mano le sembrò pericolosamente somigliante a Mapang.
Tra un accesso di risa e l’altro, Zivelianna riuscì a commentare la cosa: «Guarda quel mona, Mapang, sembri tu!». Lui però non rispose, e dopo qualche istante lei venne folgorata dalla terribile realtà: il tizio che stava caricando da solo il blindato non era somigliante a Mapang. Era proprio lui.
Riuscì a dire «oh mamma…» prima che un secondo missile centrasse in pieno il terzo piano, quello degli uffici amministrativi dei Biancalana: insieme ai vetri e ai calcinacci, dal palazzo piombò sulla strada una cascata di foglietti, che si sparsero delicatamente tutto intorno a lei come un’incredibile nevicata estiva. Ne prese uno al volo e lo rimirò per qualche secondo prima di rendersi conto di cosa fosse, poi, con gli occhi sgranati dalla meraviglia, tornò a guardare i foglietti che non la finivano più di nevicare: erano tutti crediti di grosso taglio. Tanti quanti non aveva mai visti in vita sua. Senza pensare più a Mapang e al blindato, Zivelianna si mise a raccoglierne quanti più poteva, e ricominciò a ridere.
Rideva ancora quando, con la felpa tanto piena di crediti da sembrare incinta di un orco, venne bloccata da un ordine perentorio: «Non ti muovere, ti tengo sotto tiro!».
La voce gracchiante veniva da un altoparlante montato in cima alla torretta del blindato, che intanto era arrivato a due metri mentre lei, distratta dalla raccolta, aveva dimenticato il pericolo incombente. Fece per scappare, ma il lanciamissili tornò a inquadrarla, muovendosi a velocità impensata per un attrezzo così grosso.
«Ferma, Zive! In alto le mani!».
Lei ubbidì, e i crediti cominciarono a cadere giù dalla felpa, coprendole i piedi. Sulla torretta si aprì un portello, e lei serrò gli occhi per un solo istante… E no, pensò, se è giunta la mia ora voglio guardare in faccia la morte: non gliela do la soddisfazione di vedermi calare le braghe, a quella brutta scimmia di un Esterno!
Così aprì gli occhi, Zivelianna, e ricordando l’affresco che dominava il Palazzo della Rivoluzione, a Roma, si sforzò di ridere come i romani fucilati a Porta Latina, dipinti da Francesco Parisi.
Ciò che vide, però, le fece morire il sorriso sprezzante sulle belle labbra: in cima al blindato, con le mani sui fianchi e gli occhiali da pilota alzati sulla fronte, Mapang si stava sganasciando dalle risate.
(fine della tredicesima puntata)

martedì 13 maggio 2008

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO + CONCERTO ACUSTICO


Roma: venerdì 13 giugno alle 18, presso la Biblioteca Angelica, in piazza Sant'Agostino.
Interverranno:
Gianfranco de Turris (RAI)
e Gianluca Teodori (RDS).
Saranno presenti gli autori.
Seguirà un breve concerto acustico (Contea + GM) con alcune canzoni presenti nel romanzo.







IL REGNO NASCOSTO
di Gabriele Marconi ed Errico Passaro
(Dario Flaccovio Editore)
Althorf e i suoi due nipoti, Vitur e Tekkur, sono gli unici Nani rimasti nel villaggio di Cuterbor. Dopo aver condiviso il mondo con gli Uomini abitando quartieri all’interno delle loro città, i Nani hanno infatti deciso di tornare ai tempi antichi, lasciando le loro case per cercare un luogo adatto a ricostruire il loro regno, nel grande Nord. Solo in pochi hanno deciso di rimanere: Althorf del Clan Mahûk è tra questi. E dai suoi fratelli, partiti tanto tempo prima, non ha mai più avuto notizie.
Dopo aver ascoltato le storie sull'antico Regno dei Nani e sulla potenza della loro gente, Vitur e Tekkur decidono di mettersi alla ricerca di questo luogo leggendario.
Durante il loro viaggio incontreranno nemici mortali e alleati inaspettati, salderanno amicizie, conosceranno il sangue e attraverseranno i fuochi della battaglia, camminando infine sulle ali dell'ultima magia del mondo di prima.

PER LEGGERE IL PRIMO CAPITOLO: http://download.darioflaccovio.it/abstracts/DF8098.pdf

venerdì 9 maggio 2008

È estate, Mapang! (12)

«Ahia! Fermati che se urlo ci beccano!» gemette Mapang cercando di evitare i calci di Zivelianna. Lei continuò imperterrita, ma quando Mapang si lasciò scappare il primo strillo, gli emissari della Confraternita avevano ormai rinunciato a cercarli e stavano rimontando sul camion.
«Chiedimi scusa!» gridò Zivelianna, in piedi sull’argine, con i vestiti nuovamente gocciolanti.
«Ok. Scusa. Ma adesso hai rotto: lasciami in pace, va bene?» rispose Mapang sedendosi a terra per massaggiarsi gli stinchi.
«E no! Troppo facile…».
Lui alzò la testa per guardarla: «Cioè?».
«Cioè resto con te e continuo a insultarti finché non mi ritengo soddisfatta».
Mapang, sfinito, non le rispose nemmeno. Si alzò e cominciò stancamente a risalire verso la strada.
Dopo mezz’ora di cammino, evitando miracolosamente altri incontri con sbirri e Senzacarta, erano finalmente riusciti a tornare a ‘Zaerbe, dove si alzava il quartier generale dei Biancalana, un palazzotto antico riverniciato con un micidiale color argento, sovrastato da un gigantesco Tubo Farson rotante.
Mapang, sdraiato sul marciapiedi, sbirciò dall’angolo per controllare la situazione: col solito culo degli idraulici, il loro era l’unico edificio assolutamente intonso, mentre tutto il quartiere era stato devastato dalla rivolta, che per ora sembrava essersi spostata verso i Mercati Generali.
Incredibile a vedersi, il portiere se ne stava tranquillamente poggiato al portone e fumava una sigaretta.
«Non riesco a crederci! Finalmente un colpo di fortuna…».
Zivelianna, tranquillamente in piedi accanto a lui, lo guardò scuotendo la testa: «Fosse vero, almeno».
«Fosse vero cosa?».
«Che non ci credi. Ma tu credi a tutto… sei una causa persa, Mapang».
Lui si alzò in piedi a sua volta, spazzolandosi i pantaloni ormai ridotti a uno straccio: «E smettila! Non lo vedi che finalmente va tutto bene? Fidati di me». E s’incamminò.
«Mai più» rispose lei. Inutilmente, perché un istante dopo era al suo fianco all’ingresso del quartier generale degli idraulici.
Mezz’ora dopo erano di nuovo in strada. I Biancalana avevano fatto qualche resistenza, davanti ai crediti gocciolanti che Mapang aveva tirato fuori dal giubbotto, ma poi li avevano accettati. Tuttavia, siccome erano zuppi d’acqua di fiume, ne avevano pretesi il doppio. Malgrado tutto, Mapang era contento, perché alla fine avrebbe salvato il culo e gli sarebbero rimasti abbastanza crediti per comprarsi un’autofly nuova (anche se non di ultimissima generazione). Zivelianna era un po’ meno tranquilla…
«E adesso come la portiamo via ‘sta roba?».
«Uffa! Non la smetti mai di complicarti la vita?». Ma effettivamente qualche difficoltà - pensò senza dirlo - era innegabile, visto che il carico, tornato di sua proprietà, adesso era ammassato sul marciapiedi di ‘Zaerbe in una piramide instabile. Mapang guardò il portiere, che si era acceso un’altra sigaretta e li scrutava con malcelata commiserazione.
«Non è che avrebbe un camion da prestarci?».
Scuotendo la testa, il portiere rientrò nel palazzo, lasciando Mapang a prendersi l’ennesima valanga di parolacce da Zivelianna.
Fu allora che in fondo al vialone davanti a loro cominciò a profilarsi un mezzo blindato solitario. Arrivava lento lento, ma puntava dritto verso il quartier generale dei Biancalana.
Il primo missile sibilò verso la cima del palazzotto e colpì in pieno il mastodontico Tubo Farson, che compiendo una cabrata improbabile piombò fragorosamente sul carico di Mapang, spiattellandolo per un raggio di cento metri.
Per la prima volta in quella incredibile giornata, Zivelianna cominciò a ridere. Non la finiva più di ridere…

(fine della dodicesima puntata)

venerdì 2 maggio 2008

È estate, Mapang! (11)

«La faccenda si complica» disse Mapang seduto contro il muro sotto al ponte. La mannerbund senegalese dei Concarta era già ripartita per far danni da qualche parte.
Zivelianna finì di strizzare la felpa e lo guardò come una madre a un figlio scemo: «Mi sembri un po’ ottimista».
Lui continuò come se non l’avesse sentita, perso nel tentativo di sbrogliare la matassa: «Dunque, quei dementi della Federazione, per risolvere il casino all’Arena hanno pensato bene di regolarizzare quei Senzacarta che vanno "alla guerra" al posto loro, togliendo le castagne dal fuoco agli sbirri, che invece hanno le mani legate dalla Convenzione Europea».
«Sì, e quando tutto sarà finito, quelli che ancora saranno in grado di tenersi in piedi potranno restare in Italia» mormorò Zivelianna, «ma ti rendi conto che è fantascienza?».
«Perché?».
«Come perché! Un permesso di soggiorno a costo della vita?».
«Boh, evidentemente a casa loro è peggio, dopo che i Gruppi se ne sono andati belli grassi e li hanno lasciati a scannarsi fra tribù».
«Cretino, io parlo della vita dei nostri! Hanno aizzato i Senzacarta contro i Ti-Con-Nu!».
Mapang alzò le spalle: «Se la caveranno… e poi si fanno aiutare dai gameradi Concarta, no? Io invece sono nella merda: finché il centro è chiuso non posso raggiungere il palazzo della Confraternita per restituire il materiale; e finché non finisce il casino non ho modo di trovare quelli del Biancalana per ricomprargli il materiale che devo restituire alla Confraternita».
«Ancora con quelli del Biancalana!? Ti fregheranno un’altra volta».
«Trascurerei l’altro problema» continuò Mapang sempre senza ascoltarla.
«Cioè?».
«La possibilità che il sicario della Confraternita mi torni a cercare».
«Non si sa mai».
«Ma figurati, con questo casino…».
Sopra il ponte si fermò un camion, dal quale scesero una decina di uomini: «Capo, è qua sotto che li hanno visti!» gridò una voce.
«Mlui luo mvuoglio mvivuo!» rispose un’altra.
Zivelianna incrociò le braccia e fece un sorrisetto.
«Zive, ma portassi jella?».
«Brutto stronzo di un romano!».
«Sssh! Zitta! E corri! Quello era il cappotto-nero di prima!» sussurrò Mapang trascinandola in acqua.
Attraverso il fitto delle canne li videro arrivare proprio dove un attimo prima stavano seduti loro due.
Sotto l’acqua, Zivelianna continuava a tirare calci sugli stinchi di Mapang.

(fine dell’undicesima puntata)