giovedì 17 aprile 2008

È estate, Mapang! (8)

«Ciao Map! Prima dev’essere caduta la linea. Allora, come va?».
«Sono nella merda. Devo arrivare dall’altra parte della città e sono a piedi».
«Ma scusa, Map, perché non prendi l’auto?».
«Non mi chiamare Map e non fare domande del cazzo, Paoli’! Evidentemente non posso, no? Oggi non pensavo mi servisse e sono uscito in metro».
«Va bene. Scusa, Mapang, scusa. Vuoi che te ne rimedio una io?».
Zivelianna alzò la testa: «Ma la smetti di perdere tempo con quel dissociato?»
«Ssssh! Fammi sentire… Come dicevi?».
«Ti chiedevo scusa, perché non sapevo ti dessero fastidio i diminutivi, visto che mi chiami Paoli’: per questo…».
«Dopo, dopo! Che dicevi della macchina? Che puoi prestarmela?».
«Ah, già. No, prestarti un’autofly non è possibile, perché io non ce l’ho. Però potrei rimediartene una al volo… scusa il gioco di parole».
«Davvero puoi? Quanto ci metteresti?».
«Dammi un’ora e sono da te».
«Grande! Corri come il vento, Paoli’! Io t’aspetto qua: chiamami quando hai fatto».
«Va bene, allora vado a cercartene una».
Mapang fece un salto e abbracciò la ragazza: «Hai sentito? Siamo salvi: Paolino ci porta un’autofly».
Lei si staccò e sgranò gli occhi: «Salvati da Paolino il Matto? Ma ti sei fritto il cervello? È un dissociato, e poi è di Padova!».
«Ma dai, non esagerare, in fondo lui non…».
Squillò di nuovo il microcell: «Sì?». Era Paolino.
«Scusa, Map… ehm… Mapang, scusa. Ma dov’è che sei?».
«Allo stadio del Chievo».
«Va bene, scusa. Ci…». Click! Mapang chiuse il microcell e imitò Zivelianna, sedendosi a terra con le mani nei capelli.
«Visto?» fece lei incrociando le braccia.
Senza alzare gli occhi, lui scosse la testa: «Non infierire».
Stavano ancora così, sconsolati al centro della pista di atletica, quando un vociare chiassoso cominciò ad avvicinarsi allo stadio: dai cancelli si vedevano i musi di un paio di camion e, a giudicare dal rumore, altri ne stavano arrivando.
Si sdraiarono sull’erba cercando di non farsi vedere, guardandosi attorno in cerca di una via d’uscita.
Intanto, scortati da poliziotti in tenuta antisommossa, decine di Esterni venivano spinti malamente all’interno dello stadio. Alcuni erano feriti e si appoggiavano l’uno con l’altro. Un gruppo cercò di sfuggire al controllo e prese a correre verso un’uscita secondaria, ma venne falciato dal fuoco dei poliziotti.
Zivelianna era atterrita. Mapang strizzò gli occhi per vederci meglio, il che non fece altro che lasciarlo ancora più confuso: «Non è possibile, sto sognando…».
I poliziotti che avevano sparato erano chiaramente Esterni: due africani e un cinese.

(fine dell’ottava puntata)

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