venerdì 16 maggio 2008

È estate, Mapang! (13)

Piegata in due e con gli occhi lacrimanti per il gran ridere, Zivelianna non si accorse subito di cosa stava succedendo. La aiutò nella comprensione il grido di guerra lanciato da qualcuno che adesso stava correndo incontro al blindato.
«VISNUUU!».
Era lo stesso grido che avevano lanciato i Concarta vicino allo stadio del Chievo. Attraverso il velo di lacrime, però, il tizio che correva con un pezzo di tubo Farson in mano le sembrò pericolosamente somigliante a Mapang.
Tra un accesso di risa e l’altro, Zivelianna riuscì a commentare la cosa: «Guarda quel mona, Mapang, sembri tu!». Lui però non rispose, e dopo qualche istante lei venne folgorata dalla terribile realtà: il tizio che stava caricando da solo il blindato non era somigliante a Mapang. Era proprio lui.
Riuscì a dire «oh mamma…» prima che un secondo missile centrasse in pieno il terzo piano, quello degli uffici amministrativi dei Biancalana: insieme ai vetri e ai calcinacci, dal palazzo piombò sulla strada una cascata di foglietti, che si sparsero delicatamente tutto intorno a lei come un’incredibile nevicata estiva. Ne prese uno al volo e lo rimirò per qualche secondo prima di rendersi conto di cosa fosse, poi, con gli occhi sgranati dalla meraviglia, tornò a guardare i foglietti che non la finivano più di nevicare: erano tutti crediti di grosso taglio. Tanti quanti non aveva mai visti in vita sua. Senza pensare più a Mapang e al blindato, Zivelianna si mise a raccoglierne quanti più poteva, e ricominciò a ridere.
Rideva ancora quando, con la felpa tanto piena di crediti da sembrare incinta di un orco, venne bloccata da un ordine perentorio: «Non ti muovere, ti tengo sotto tiro!».
La voce gracchiante veniva da un altoparlante montato in cima alla torretta del blindato, che intanto era arrivato a due metri mentre lei, distratta dalla raccolta, aveva dimenticato il pericolo incombente. Fece per scappare, ma il lanciamissili tornò a inquadrarla, muovendosi a velocità impensata per un attrezzo così grosso.
«Ferma, Zive! In alto le mani!».
Lei ubbidì, e i crediti cominciarono a cadere giù dalla felpa, coprendole i piedi. Sulla torretta si aprì un portello, e lei serrò gli occhi per un solo istante… E no, pensò, se è giunta la mia ora voglio guardare in faccia la morte: non gliela do la soddisfazione di vedermi calare le braghe, a quella brutta scimmia di un Esterno!
Così aprì gli occhi, Zivelianna, e ricordando l’affresco che dominava il Palazzo della Rivoluzione, a Roma, si sforzò di ridere come i romani fucilati a Porta Latina, dipinti da Francesco Parisi.
Ciò che vide, però, le fece morire il sorriso sprezzante sulle belle labbra: in cima al blindato, con le mani sui fianchi e gli occhiali da pilota alzati sulla fronte, Mapang si stava sganasciando dalle risate.
(fine della tredicesima puntata)

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