lunedì 17 marzo 2008

È estate, Mapang! (2)

«Giuro che questa me la paghi!».
«Sarebbe la prima volta che risarcisco qualcuno volentieri, ma ho paura che dovrò rinunciare alla novità: qua si mette male!».
Effettivamente, con due ultrabufali incazzati che li inseguivano nell’arena chiusa e neanche un’arma decente per difendersi… be’, "si mette male" suonava un po’ come una presa per il culo, ma a Mapang non vennero in mente risposte più appropriate, mentre correva insieme a Zivelianna.
«Di qua!» gridò buttandosi dietro il grande palo centrale, e lei lo imitò appena in tempo per evitare le corna arrotate delle bestie, che scavarono un solco profondo nel legno. Gli ultrabufali continuarono di slancio, sollevando una nuvola di terra nel vano tentativo di fermare la corsa e tornare a puntare i due esseri umani. E mentre Zive apriva la bocca per insultare ancora il suo compagno, il vento girò riempiendogliela di polvere. In quell’istante di tregua, Mapang si sentì come nella vecchia storiella zen… quella dell’uomo che sta appeso a metà di un burrone, attaccato a un ramo che si sta spezzando, con una tigre sopra e una sotto, e lui si gode il gusto di una fragola selvatica piluccata da una piantina sulla parete… «Solo che manca la fragola!». Ma intanto Vale stava riacquistando la voce, e i due ultrabufali riuscivano a controllare la corsa e cominciavano a girarsi per tornare indietro…
Già. "Si sta mettendo male" apparteneva ad un passato felice.
Suo padre glielo aveva sempre detto: «Quando cominci a perdere di brutto, non cercare di rifarti: paga o scappa!». È come una Legge Cosmica della Sfiga, tipo che se all’inizio va male poi peggiora. Ma lui non se n’era mai fatta una ragione, e di solito smetteva di addentrarsi nei vicoli ciechi quando si spiaccicava il naso sul muro in fondo. Anche con la storia del carico perso, Mapang s’era ingarellato un’altra volta con la legge del male in peggio… E ora, invece di arrovellarsi per una scusa credibile con quelli della Confraternita, stava lì a vedersela con le due bestie più cazzute mai scese nell’Arena da quando avevano riaperto i giochi (e con loro le scuse funzionavano meno che con i boss).
«Ci mancavi solo tu, adesso!» gridò a Zivelianna, che ne restò sbalordita.
«Ma brutto bastardo d’un romano! Son venuta qui a salvarti il culo quando…» cominciò a rispondere lei, ferma in mezzo all’Arena con le mani sui fianchi, senza più ripararsi dietro al palo, quando l’ennesima carica degli ultrabufali la costrinse a buttarsi di lato proprio all’ultimo istante. Le due bestie, disorientate dalla mossa improvvisa proprio quando pensavano di avere il bocconcino a portata di corna, si schiantarono una dopo l’altra contro il grosso tronco di legno stagionato piantato al centro del campo di gioco: il palo crollò a terra con uno schianto secco, e i due ultrabufali fecero lo stesso con due schianti secchi.
Le bandiere alzate dai giudici scatenarono il boato della folla assiepata sugli spalti, impazzita per l’incredibile soluzione dell’incontro.
Mapang, però, non fece caso a nulla di tutto questo… Aveva rischiato la vita per vincere, e ora si sentiva il cuore ridotto a un sasso: Zivelianna, a testa bassa, se ne stava andando dall’Arena.
«Zive, io…» cominciò… e mentre cercava (senza trovarla) una parola giusta per fermarla, gli allievi Elettropalli lo sollevarono portandolo in trionfo. E lontano da lei.

(fine della seconda puntata)

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