mercoledì 4 giugno 2008

È estate, Mapang! (15)

Il rumore del motore, generalmente insopportabile all’interno del blindato, era fortunatamente attutito dai crediti ammassati nell’abitacolo, così non c’era bisogno di coprirsi le orecchie con le cuffie isolanti. Dopo cinque minuti, mentre il veicolo sobbalzava sorpassando le macerie di un banca, Mapang provò a chiedere a Zivelianna perché si fosse offesa: «Scusa, Zive, ma se io rido di te non è la stessa cosa di te che ridi di me?».
«Non capisci: è ovvio che è diverso».
«Ma perché è diverso?».
Zivelianna lo guardò scuotendo la testa: «Quando riuscirai a capire le donne sarà sempre troppo tardi, Ciccio».
Mapang sorrise: «Era tanto che non mi chiamavi “Ciccio”…».
«Non ti ho chiamato Ciccio».
«Sì che mi hai chiamato Ciccio».
«Sei noioso».
«Ma…».
«E sei irrecuperabile. Quindi non ti posso aver chiamato Ciccio».
«Ok. Ci rinuncio».
«Ah, ecco, lo vedi? Non te ne importa niente, di me!».
«Brutta storia…» mormorò Mapang stringendo le mani sul volante.
«Come mi hai chiamata? Come hai osato chiamarmi?».
«Io? Ma che…».
«Ti ho sentito benissimo, cafone! Tutti uguali, gli uomini: appena fanno due soldi, pensano di potersi permettere tutto. Ritira subito o sono affari tuoi!».
«Ho detto “brutta storia”, cosa…».
«Hai detto la parolaccia che fa rima con “boia”! Non ti azzardare a negarlo!».
«Oh, io non ho detto niente del genere, va bene? Comunque sia… senti, Zive, facciamola finita, vuoi? Ti chiedo scusa e chiudiamola qui».
«Ah, lo ammetti allora, bastardo di un romano! E io, ingenua, che quasi quasi credevo di aver sentito male!».
Fu allora che Mapang, mettendosi le mani in testa per non sbatterla sull’acciaio dell’abitacolo, lasciò il volante. Dopo qualche secondo il blindato s’infilava a capofitto nelle scale della metropolitana, andando a sradicare i tornelli all’entrata dei binari. E lì si fermò.
Anche il cappotto nero, che già scendeva il primo gradino con un sorriso che scopriva i denti gialli, fece un passo indietro sentendo l’ululato di Mapang.

(fine della quindicesima puntata)

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